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Libro aperto

SUPERSTITI

 

 

 

Les particules ici

 

Les particules ici

les particules rayons de vie

rint’ ‘u rrevuóto

r’ ‘i ccose cchiù scure

atque mecum ego fero

desiderii caliginem

atque lunam sequor trans

pulverulenta cunicula

mais je le pain le plus mauvais

je mange et toujours je mange

sunnanno n’ata vita

rint’ ‘u rrevuoto…

 

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In questa poesia ritroviamo un particolare impasto linguistico in cui convivono tre lingue diverse dall’italiano: francese, dialetto di Cappella e latino. L’accostamento delle tre lingue nello stesso componimento non è frequente in Sovente, che solitamente usa idiomi diversi ma in testi separati. La mescolanza serve a trasmettere al meglio il senso di confusione, che ha un nome diverso a seconda della lingua: in francese sono les particules, in latino viene reso attraverso desiderii caliginem e in dialetto diventa ‘u ‘rrevuoto.

 

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Ho preso appunti su appunti

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Ho preso appunti su appunti.

Ho annaffiato le piante.

Con un tratto di gesso

ho cercato di delimitare

i punti morti, le zone di rischio.

Camminando da solo nel buio

mormoro qualcosa,

faccio un fischio.

 

Ho letto e riletto i bilanci,

i preventivi, sono balzate

in tutta evidenza le perdite.

Stranito malconcio

ho cominciato a immaginare

che ci sia un altro pianeta

dove abitare. A lungo

il fiato si è inabissato.

Sta’ fermo. Pensa alle crepe.

Se vuoi che resti un’impronta

cammina sulla sabbia umida.

Comunque puoi parlare

con le macchie sui muri.

Con le unghie puoi grattare

la vecchia vernice. Questo

mi dico scagliando briciole

di pane e biscotti ai passeri.

E penso che tutto sommato

non hanno nulla da temere

gli uccelli che di ramo

in cielo volano

perché a loro le banche

non servono.

 

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Questo componimento è diviso in tre strofe di diversa lunghezza, tutte accomunate dal discorso dell’io lirico che sembra rivolgersi a sé stesso. In questo monologo interiore il poeta elenca una serie di azioni quotidiane, ricorrendo all’anafora di ho che rende l’idea di una lista. Una caratteristica fondamentale di Superstiti è proprio questo racconto dei fatti minimi, della cronaca giornaliera, come fa notare Eugenio de Signoribus nell’introduzione all’opera: la scrittura qui è spoglia ed essenziale perché così è lo stato delle cose. È come se ci si dovesse confessare a un diario, elencando i gesti e i fatti minimi[1]. La struttura diaristica della raccolta permette di confrontarsi con la realtà giorno per giorno, e il poeta osserva i piccoli accadimenti, immaginando una vita migliore altrove: ho cominciato a immaginare/che ci sia un altro pianeta/dove abitare. Negli ultimi versi compaiono gli uccelli: abbiamo visto come nelle poesie di Sovente ci siano molti riferimenti al mondo animale e gli uccelli hanno un ruolo particolare per il loro rimandare alla libertà.   

 

[1] E. de Signoribus, introduzione a Superstiti di Michele Sovente, Genova, San Marco dei Giustiniani, 2009.

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