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PREMIO LETTERARIO "VIAREGGIO - RÈPACI"
Il Premio Letterario internazionale Viareggio Rèpaci è un riconoscimento letterario istituito nel 1929 da Leonida Rèpaci nella città di Viareggio. Alla festa di inaugurazione del Premio parteciparono moltissimi personaggi importanti, tra cui Luigi Pirandello e Massimo Bontempelli. La prima edizione fu vinta a pari merito da Lorenzo Viani e da Anselmo Bucci.
Il Premio è dedicato ad opere scritte in italiano da autori di nazionalità italiana, pubblicate nel periodo compreso tra il 1° giugno dell’anno precedente ed il 31 maggio dell’anno in corso ed è suddiviso in tre sezioni: "Narrativa", "Poesia" e "Saggistica". La proclamazione dei vincitori avviene a Viareggio durante la stagione estiva.[1]
Osservando l’albo dei vincitori del Premio è possibile riconoscere i nomi di molti autori ed autrici che hanno scritto la storia della Letteratura italiana del Novecento. Tra questi ricordiamo Umberto Saba, Antonio Gramsci, Aldo Palazzeschi, Elsa Morante e tanti altri che hanno portato lustro alla poesia e alla narrativa italiane.
Michele Sovente vinse il “Premio Viareggio – Rèpaci” nel 1998, nella sezione “Poesia”, con l’opera Cumae (Marsilio editori), che gli valse anche il riconoscimento della critica. I vincitori delle sezioni “Narrativa” e “Saggistica”, invece, furono rispettivamente Giorgio Pressburger con La neve e la colpa (Einaudi) e Carlo Ginzburg con Occhiacci di legno (Feltrinelli).
Parlano le cose, […] Tante lingue l’anima parla
Così recita un frammento, tra i più intensi di Cumae. Tutte le lingue del mondo, ci suggerisce Sovente, servono a interpretare le infinite voci dell’anima, a dar suono e forma a una realtà che si rivela inesauribile dal momento in cui il soffio della nostra umanità la fa vivere: così ogni volta che una lingua muore è una parte dell’anima del mondo che scompare con essa.
Con Cumae ha inizio la fase di maturità artistica del poeta che usa qui tre lingue diverse ma legate tra loro da un rapporto di filiazione:
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l'italiano, la nostra lingua nazionale;
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il dialetto cappellese, lingua del nido;
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il latino, la grande lingua del nostro passato, da cui derivano le altre due.